5 consigli per la stampa foto digitale
Siamo ormai abituati a “consumare” ogni giorno, sia come fruitori che come creatori, una quantità sempre maggiore di immagini e fotografie: basti pensare a quante ce ne scorrono davanti agli occhi con un semplice scroll su Facebook o Instagram. Nonostante ciò, l’abitudine di stampare le foto che realizziamo si sta via via perdendo, relegando i nostri ricordi più preziosi in un distopico “deserto digitale” come quello funestamente profetizzato da Vint Cerf, vicepresidente e Chief Internet Evangelist di Google, nonchè uno dei “padri di Internet”. Senza tirare in ballo la nostra eredità digitale come analizzata da Cerf, l’abbandono della stampa sta togliendo valore alle nostre foto, che ormai sono relegate sui computer o sui telefoni cellulari per una visualizzazione “mordi e fuggi”.
Vi invitiamo dunque, tramite questi suggerimenti, ad un ritorno alla stampa fotografica: tramite il laboratorio fotografico di zona oppure tramite i laboratori di stampa online potrete apprezzare appieno il gusto dei vostri scatti e l’emozione di poterli di nuovo toccare con mano, specialmente se stampati in grande formato!
#1 Utilizzare il formato corretto per la stampa
Quando si intendono produrre immagini per la stampa, è importante decidere il formato della carta su cui andremo a stampare: i formati più comuni sono il 3:2 e il 4:3 (in termini di rapporto tra il lato lungo e il lato corto) che riflettono i formati di scatto più utilizzati, rispettivamente, su fotocamere Reflex e Mirrorless APS-C e Full Frame e su fotocamere bridge, compatte e del sistema Micro Four-Thirds.
Selezionare preventivamente il corretto formato di destinazione ci eviterà dei tagli indesiderati alle nostre immagini: questo consiglio è utile soprattutto agli utenti mobile, dato che le fotocamere degli smartphone sono spesso preimpostate per scattare in formato 16:9, per sfruttare tutto lo spazio disponibile sul monitor in fase di scatto e visualizzazione; sebbene sia un formato standard per il video, non corrisponde a nessun formato standard per la stampa! Impostiamo quindi la nostra fotocamera di conseguenza per evitare brutte sorprese al ritiro delle nostre stampe.
C’è un altro formato di cui dobbiamo occuparci quando prepariamo la nostra immagine per la stampa, ed è il formato del file della nostra immagine. Per loro natura, i file in formato RAW non sono adatti all’invio per la stampa, senza contare che scattando in questo formato è pressochè necessaria la postproduzione del file; una volta effettuata questa operazione, possiamo esportare il nostro file convertendolo da RAW a JPEG tramite appositi software, ottenendo un file a 8 bit pronto per la stampa. Esportando in Jpeg potremo assegnare diversi livelli di compressione al file stesso: sebbene una maggiore compressione riduca le dimensioni del file, rendendo più agevole il caricamento online, manteniamo la qualità al massimo per evitare perdita di informazione.
Alcuni servizi di stampa supportano anche il formato TIFF (Tagged Image File Format) che è in grado di memorizzare un quantitativo di bit, quindi di informazioni, maggiore (ad esempio 16 bit contro gli 8 del formato JPEG); qualora desiderassimo ottenere veramente il massimo dal nostro file, scegliamo questo formato.
#2 Non trasferire le foto da stampare via Whatsapp o Facebook
Spesso siamo soliti inviare le foto appena scattate ai nostri amici, tramite servizi come Whatsapp o Facebook; questo metodo di trasferimento riduce notevolmente la qualità del file originale, comprimendolo a volte in maniera fin troppo drastica per ridurre i tempi di caricamento. Andando a stampare una fotografia trasferita in questo modo, data la perdita di informazione e la minore risoluzione (vedi punto seguente), rischiamo di ritrovarci una stampa di qualità molto scadente: stampiamo quindi solamente i file originali, magari trasferiti tramite e-mail o altri servizi come Telegram, che integra un invio di file senza compressione, per ottenere il risultato migliore.
#3 Controllare la risoluzione del file da stampare
Per ottenere una stampa di ottima qualità, è necessario che la risoluzione dell’immagine sia adeguata alla dimensione della stampa che vogliamo ottenere. Una stampa (tipografica) di qualità ottimale per una visualizzazione abbastanza ravvicinata, all’incirca entro il metro di distanza, prevede una densità di punti per pollice (PPI) pari a 300; questo valore rappresenta i punti stampati su una linea lunga un pollice e valori di PPI più alti indicano una risoluzione (quindi una qualità visiva) maggiore.
Per calcolare la dimensione massima ottenibile da una stampa con una determinata fotografia digitale, possiamo effettuare questo calcolo:
Dimensione lato lungo dell’immagine (in pixel) / 300 (PPI) = Dimensione massima del lato lungo della stampa (in pollici)
dal valore ottenuto basta moltiplicare per 2,54 per effettuare la conversione da pollici a centimetri; ad esempio, un file dal lato lungo di 3000px potrà essere stampato a 300ppi ottenendo un’immagine di 10 pollici, ossia 25,4 cm di lato lungo. Stampe più piccole di queste dimensioni avranno una risoluzione maggiore, stampe più grandi avranno una risoluzione minore, ossia avranno qualità inferiore. Con sensori da 12-16 Megapixel (ossia Milioni di pixel) possiamo generalmente stampare a buona qualità anche stampe di formato 20/25×30 cm o poco superiore.
Specialmente per stampe di grandi dimensioni, dei valori inferiori a 300 ppi sono spesso ben tollerati, dato che la distanza di visualizzazione dell’immagine è maggiore. Per stampe di qualità superiore, i termini di riferimento delle stampanti sono ben maggiori di 300ppi: le stampanti fotografiche spesso offrono risoluzione dell’ordine di 1200-1440ppi.
Una tecnica per poter ottenere immagini di partenza di dimensioni maggiori del massimo consentito dal nostro sensore è quella del photomerge, ossia unire più scatti insieme tramite software; ogni scatto andrà a coprire solo una zona dell’inquadratura che vogliamo ottenere, spezzandola in più parti ed avendo cura di avere una buona sovrapposizione tra uno scatto e l’altro (ad esempio 1/3 dell’inquadratura). Una volta effettuati gli scatti potremo unirli con software quali Adobe Photoshop, Hugin o altri.
#4. Calibrare il monitor
Gli ultimi due consigli sono decisamente più tecnici: il primo riguarda la calibrazione del monitor. Questa operazione, da effettuarsi tramite delle sonde specializzate come le Datacolor Spyder, corredate del loro software, consentono di ottenere una visualizzazione corretta dei colori sul monitor sul quale lavoriamo le nostre immagini, per ottenere la resa cromatica corretta in fase di stampa. Qualora il servizio di stampa disponga anche dei profili colore specifici per il supporto su cui andremo a stampare, riusciremo ad ottenere una rappresentazione ancora più accurata ed un risultato finale pressochè identico all’immagine visualizzata a monitor.
#5. Utilizzare lo spazio colore adatto
Le immagini digitali sono in grado di riprodurre una gamma cromatica differente a seconda di quale spazio colore, ossia di quale intervallo di colori rappresentabile matematicamente e riproducibile, stiamo utilizzando. Per i normali scopi di utilizzo delle immagini digitali (navigazione internet, visualizzazioni foto e immagini, o utilizzo a monitor in generale) si utilizza lo spazio colore sRGB tipico dei monitor LCD attuali.
Per memorizzare e lavorare immagini digitali, possiamo utilizzare spazi colore più ampi come Adobe RGB o ProPhoto RGB: il primo ha una resa simile all’sRGB, ma consente di catturare una gamma cromatica più ampia soprattutto sui toni del ciano e del verde, il secondo ha invece un’estensione che supera le capacità visive dell’occhio umano stesso. Sebbene i monitor standard non consentano la completa visualizzazione neanche dello spazio colore Adobe RGB, impostare uno spazio colore più ampio in fase di scatto ci aiuta a mantenere più informazioni per la postproduzione, consentendoci minore perdita di dati durante la lavorazione del file. In fase di esportazione dei file per la stampa, possiamo poi selezionare uno di questi spazi colore per mantenere la maggiore quantità di sfumature possibile, ricordandoci però che avremo bisogno di un file ad almeno 16 bit come un TIFF per memorizzare tutti i dati in maniera non compressa ed evitare perdite, e tenendo anche a mente il fatto che attualmente non è ancora possibile riprodurre in fase di stampa tutti i colori rappresentati dallo spazio ProPhoto RGB.
Qualora desiderassimo realizzare delle stampe senza grandi pretese, come delle foto ricordo, o volessimo esportare delle foto per la visualizzazione a monitor e su Web, un file JPEG con spazio colore sRGB sarà più che sufficiente per questi scopi.
Extra: sperimentate con nuovi formati e supporti
La stampa digitale delle vostre fotografie non deve essere necessariamente realizzata sulla classica carta fotografica: l’offerta delle aziende di stampa si è ormai ampliata molto, permettendo sia di stampare su supporti più pregiati come la carta Fine Art, oppure su supporti più inusuali come legno, plexiglass, tela o anche alluminio; scegliete quello che valorizza di più la vostra immagine, anche in base alla destinazione d’uso dell’opera stessa.
Per stampe di un maggior numero di fotografie, magari correlate dallo stesso argomento o facenti parte di uno stesso progetto, possiamo prendere in considerazione anche altri formati, come quello del fotolibro: raccogliendo il nostro lavoro in un volume rilegato doneremo un pregio maggiore al nostro progetto, con il valore aggiunto della facilità di fruizione e della trasportabilità.
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