Sensori APSC e Full Frame: caratteristiche, differenze e vantaggi
Il cuore pulsante ed il principale protagonista di ogni dispositivo fotografico è senza dubbio il sensore. Nel passaggio dall’analogico al digitale sono state create due diverse tipologie di sensori: ApsC e full frame. Nelle due tipologie la superficie fotosensibile ha dimensioni diverse, ma le differenze non si esauriscono qui. In questo articolo analizzeremo le caratteristiche dei sensori ApsC e full frame e le conseguenze sulle nostre foto e nella conformazione della nostra attrezzatura.
Pellicola analogica e sensore digitale
I sensori digitali svolgono lo stesso compito delle vecchie pellicole analogiche: catturano la luce e la trasformano in dati da cui ricavare un’immagine. Le pellicole più diffuse erano le cosiddette 35mm o “135”, create da Kodak nel 1934, la cui porzione impressionabile era di 24mm x 36mm; la sua ampia diffusione fu un successo e presto questa tipologia di pellicola diventò uno standard. Le prime fotocamere digitali erano completamente automatiche e equipaggiate con sensori di risoluzioni irrisorie comparate a quelle dei sensori odierni: partendo dagli albori, con fotocamere capaci di catturare immagini di 100×100 pixel in dispositivi pesanti diversi kg, passando a prodotti più “evoluti” (320×240 pixel di risoluzione, circa 0,7 Megapixel, più di 10.000$ di prezzo), il continuo avanzamento della tecnologia permise l’aumento della superficie fotosensibile e della risoluzione. Vennero dunque creati i primi dispositivi APSC, sulla falsariga di un poco diffuso formato Kodak, considerato piccolo e poco performante per i professionisti: con dimensioni 22,2×14,8 mm per Canon e 23,6×15,7 mm per Nikon, Sony e Pentax, questo è tuttora uno dei più diffusi formati per i sensori odierni. I sensori full frame arrivarono sul mercato tra il 2000 ed il 2002 ad opera di Contax, Pentax e Canon, che furono le prime case produttrici a produrre fotocamere aventi sensori di dimensione pari allo standard analogico 35mm.
Sensori APS-C
Dotati di superficie fotosensibile più contenuta, i sensori APS-C (Advanced Photo System tipo-C) sono i più diffusi tra le fotocamere consumer e prosumer. I minori costi e la maggiore portabilità li rendono perfetti per l’implementazione in dispositivi di consumo meno costosi. Ogni produttore applica sigle diverse ai propri prodotti: Canon li chiama APS-C e APS-H (vedi approfondimento in seguito), Nikon utilizza la dicitura DX per differenziare dalle FX (Full Frame).
La conseguenza più “famosa” di questa riduzione delle dimensioni è la comparsa del fattore di crop nella misurazione dell’angolo di campo delle ottiche. L’unità di misura della lunghezza focale degli obiettivi è un retaggio della fotografia analogica e segue la scala ideata sulla base di pellicole 35mm. Essendo il sensore APS-C più piccolo coglierà una porzione più contenuta della scena, quindi l’angolo di campo sarà più stretto, a parità di lunghezza focale, rispetto ad un sensore più grande. Il valore del fattore di crop dipende dal sensore: es. per Canon 1.6, per Nikon 1.5: se fotografiamo con una Canon APS-C ed una Canon Full Frame a 100mm, l’angolo di campo sarà minore (più stretto) sulla Aps-C rispetto a scattare con una Full Frame; sarà equivalente all’angolo di campo che visualizziamo con una focale di 160mm su Full Frame.
La conformazione di questi sensori porta con sé vantaggi e svantaggi: alcuni oggettivi, altri soggettivi.
- Minor costo di produzione del sensore, come definito dalle leggi economiche della microelettronica.
- Minori dimensioni della fotocamera.
- Minori dimensioni del pentaprisma e del relativo peso (nelle reflex).
- Obiettivi specifici più compatti e leggeri (e meno costosi da produrre).
- Possibilità di utilizzare obiettivi APSC e Full Frame (seppur non sfruttandone appieno la qualità).
- Riduzione dell’angolo di campo risultante nella moltiplicazione apparente della lunghezza focale dell’obiettivo utilizzato di un fattore 1,5 – 1,6 (vantaggio soggettivo).
- Maggiore profondità di campo a parità di specifiche dell’obiettivo (vantaggio soggettivo).
Sensori Full-Frame
Si dicono Full Frame tutte quelle fotocamere equipaggiate con sensore “Pieno Formato“, con un’area equivalente a quella del formato 35mm analogico. Come ben sappiamo sono più costosi ed ingombranti. Il peso maggiore di una fotocamera full frame, rispetto alle sue sorelle minori, non è dovuto solo alle dimensioni del sensore, ma anche ad una costruzione più robusta ed un insieme di funzioni più ampio e performante. Negli ultimi anni la portabilità dei dispositivi fotografici con sensore Full Frame è aumentata molto, basti pensare alla serie Alpha della Sony, mirrorless con sensore Full Frame ad alta risoluzione come la nuovissima Sony a9.
Vediamo insieme i vantaggi e gli svantaggi di questa categoria di sensori:
- Minore presenza di rumore digitale grazie alla minore densità dei pixel sul sensore (a parità di megapixel, avremo lo stesso numero di fotositi su una superficie più ampia).
- Maggiore gamma dinamica del sensore.
- Angolo di campo maggiore a parità di focale utilizzata rispetto alle fotocamere APS-C (vantaggio soggettivo).
- Ottiche più performanti e qualitativamente migliori.
- In alcuni casi (es. Canon), impossibilità di utilizzare obiettivi per fotocamere APS-C.
Tra Aps-C e Full Frame: il formato APS-H
Cos’è il formato APS-H? Questo codice indica sempre una derivazione dall’obsoleto formato a pellicola Advanced Photo System tipo H, ossia High Definition: questa dicitura sta ad indicare una dimensione maggiore del negativo da cui prende origine e di conseguenza una dimensione maggiore del sensore d’immagine derivante. Tale sensore APSH attesta la sua dimensione tra lo standard APSC e il Full Frame, andando quindi ad assumere caratteristiche ibride tra i due standard, le cui proprietà abbiamo già riassunto. Il formato APSH è utilizzato soprattutto da Canon su alcune fotocamere professionali della serie 1D, che assumono un fattore di crop di circa 1.3x.
APSC e Full Frame, chi vince?
Il confronto tra Apsc e full frame è un dibattito sempre aperto e senza risoluzione oggettiva. E’ chiaro che i sensori full frame hanno dei vantaggi in termini di qualità di immagine e di resistenza ad alti ISO ma i punti di forza delle Apsc non sono da sottovalutare: angolo di campo ristretto con il fattore di crop, costo minore dei corpi macchina e degli obiettivi, maggiore portabilità.
Chi utilizza la sua fotocamera per fotografare esemplari di fauna o per scattare foto ad eventi sportivi, in cui il soggetto è molto lontano, troverà beneficio dall’utilizzo di una Apsc sfruttando come punto di forza il fattore di crop. Chi invece preferisce un angolo di campo molto ampio come i paesaggisti possono preferire le full frame in cui il fattore di crop è assente, oltre alla maggiore gamma dinamica del sensore; unitamente a quest’ultima, la miglior tenuta ad alti ISO può rendere questa tipologia preferibile per l’astrofotografia.
Interessanti sono anche le scelte commerciali dei vari produttori: ad esempio Fujifilm ha scelto di non addentrarsi nella realizzazione di sensori Full Frame, dotando tutte le sue fotocamere Mirrorless della serie X o le compatte di alto livello della serie X100 di sensori Aps-C; ha deciso però di rilanciare ancora più in alto, realizzando la fotocamera mirrorless GFX-50S dal sensore medio formato. Altre case produttrici, invece, hanno rinunciato anche alle dimensioni del sensore Aps-C per un più compatto sensore formato 4:3, che dà il nome all’intero standard Micro Four Thirds lanciato da Panasonic e Olympus nel 2008.
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