Istogramma: cosa è e come leggerlo
Molto probabilmente vi sarà capitato di imbattervi, che sia in fase di scatto, di postproduzione o semplicemente leggendo degli articoli, nell’ Istogramma: cosa indica questo termine così ricorrente nella fotografia digitale e cosa rappresenta? In questo articolo andremo a fare chiarezza su questo concetto e su cosa rappresenta il grafico stesso, strumento in grado di rivelarci molte informazioni relative alle nostre foto che possono esserci d’aiuto sia prima che dopo aver scattato una foto.
Cos’è l’Istogramma
L’istogramma è un grafico bidimensionale che rappresenta una distribuzione di valori continui: troviamo tali valori sull’asse orizzontale e la frequenza relativa a quel dato valore viene rappresentata come una barra verticale, adiacente alle altre.
In fotografia, l’istogramma rappresenta la distribuzione dei valori tonali dell’immagine: questo grafico esprime quindi la distribuzione dei pixel nella foto in base al loro valore di luminanza. Sull’asse orizzontale del grafico troviamo la variazione tonale dell’immagine: da sinistra a destra, i valori rappresenteranno le zone che vanno dalle più scure alle più chiare dell’immagine. Verticalmente, rappresentati come barre, troveremo i quantitativi in pixel di ogni singolo valore tonale definito sull’asse orizzontale.
Nel nostro articolo, per semplificare, ci riferiremo all’istogramma di una immagine JPEG, avente tipicamente una profondità colore di 8 bit per canale (R,G,B): ogni canale avrà dunque 2^8 (256) valori di luminanza possibili, ciascuno rappresentabile con il proprio istogramma; considereremo però il grafico cumulativo dei tre canali RGB per una maggiore leggibilità.
Come leggere l’istogramma
Sull’asse orizzontale del nostro istogramma, come anticipato, possiamo visualizzare la variazione tonale dell’immagine: avremo quindi i valori compresi nell’intervallo 0-255, ossia i 256 valori di luminanza possibili per un file con profondità colore a 8 bit. Il valore 0 rappresenta il nero puro, mentre il valore 255 rappresenta il bianco puro: questi estremi rappresentano dei livelli di luminanza non riscontrabili in natura, e, se presenti, indicano un “clipping“, ossia un taglio dovuto alla mancanza di informazione percepita dal sensore, come una sottoesposizione o una bruciatura sull’immagine.
Seguendo l’asse orizzontale, scostandoci dal valore iniziale 0 e muovendoci verso il valore finale 255, possiamo dividere l’istogramma in tre zone: le ombre, i toni medi, le alte luci; ciascuna zona, nell’ordine, sarà più luminosa della precedente. Non c’è una demarcazione netta tra le varie zone; possiamo considerarle ciascuna all’incirca di un terzo dei valori tonali possibili.
Ora che abbiamo delineato le varie zone, possiamo analizzare l’asse verticale: su di esso non troviamo un riferimento numerico, ma una rappresentazione grafica della frequenza di un certo valore tonale relativamente agli altri presenti nell’immagine; più una determinata colonna è alta, quindi, maggiore sarà il numero di pixel relativi a quel valore.
Esempi pratici
Passiamo ad esaminare alcuni esempi pratici di lettura dell’istogramma.
Supponiamo di trovarci in una situazione di scatto semplice, con una luce uniforme, senza estreme differenze tra luci e ombre, con una gamma dinamica limitata; possiamo riscontrare queste condizioni, ad esempio, in una scena diurna all’aperto, con cielo coperto e sole fuori dall’inquadratura. Impostiamo la nostra inquadratura, impostiamo i parametri per ottenere una esposizione corretta per la scena (consideriamo per semplicità una media su tutto il frame) e scattiamo.
In una situazione come quella descritta, con poco contrasto (e quindi poca differenza tra le zone di luce e d’ombra), l’istogramma tende a presentarsi come una curva a forma di “campana”, più o meno evidente al centro, in una distribuzione piuttosto uniforme dei valori tonali. Ciò rappresenta infatti una esposizione corretta e uniforme, con valori maggiormente distribuiti al centro, e con basso contrasto, identificato dalla bassa presenza di valori agli estremi, verso le zone di ombre e alte luci.
Analizziamo uno scenario differente: ci troviamo ancora di fronte ad una scena diurna all’aperto, ma stavolta il cielo è terso e la luce solare crea forti contrasti tra zone in pieno sole e zone in ombra. Impostiamo l’inquadratura e l’esposizione, poi scattiamo.
Rispetto all’istogramma precedente, in questa situazione noteremo dei valori più distribuiti lungo l’asse orizzontale, con due “campane” più o meno pronunciate in corrispondenza delle zone delle ombre e delle alte luci, a seconda di quanto queste stesse zone siano predominanti nell’inquadratura scelta.La presenza di questi due picchi in corrispondenza delle zone più chiare e più scure dell’immagine è indice di una immagine con un marcato contrasto.
In questa tipologia di scena, specialmente se si include il sole nell’inquadratura, è probabile che la fotocamera non abbia una sufficiente gamma dinamica per registrare tutti i valori tonali correttamente: avremo quindi dei picchi in corrispondenza del valore 255, che ci indicherà una bruciatura sulla foto (ad esempio il sole stesso), così come in corrispondenza del valore 0, che ci indicherà una zona sottoesposta, senza alcun dettaglio.
L’istogramma può esserci d’aiuto in fase di scatto per ottenere l’esposizione ideale per le nostre fotografie: visualizzandolo sul display della fotocamera (solitamente premendo i tasti DISPLAY/DISP/i finchè non compare la schermata che lo contiene), avremo uno strumento più potente dell’esposimetro a guidarci, potendo visualizzare direttamente la distribuzione dei valori tonali e l’eventuale “clipping” dei valori estremi anzichè un singolo valore EV rappresentante l’intera foto. In caso di sovraesposizione o sottoesposizione, ad esempio, noteremo che i valori tonali dell’immagine (e quindi le “campane” sopra descritte) tenderanno a traslare verso la parte destra o sinistra dell’istogramma, rispettivamente: ciò è dovuto al fatto che una foto sovraesposta avrà più pixel relativi ai valori tonali delle zone chiare, viceversa una sottoesposta avrà un quantitativo maggiore di valori scuri.
Vediamo ora due esempi relativi a due stili particolari di foto, molto contrastati e diametralmente opposti: le immagini low-key e high-key.
La fotografia low-key è caratterizzata da una immagine prevalentemente scura (o effettivamente nera) con il soggetto, o anche solo un dettaglio, illuminato: avremo quindi un campo nero su cui si staglia l’oggetto del nostro interesse. La fotografia high key, al contrario, è rappresentata da un’immagine quasi totalmente sovraesposta, o bianca, con un elemento scuro a contrasto. Queste tipologie di foto sono più comuni in studio che in esterni e spesso sono caratterizzate dal bianco e nero, per esaltare maggiormente il contrasto.
In casi come questi, valutare l’esposizione su tutta l’inquadratura porta a non dare i risultati sperati, vista la predominanza delle tonalità di bianco o nero nella scena; allo stesso modo, l’istogramma di una foto high-key o low-key potrebbe apparire come quello di una immagine sovraesposta o sottoesposta, rispettivamente, data la grande quantità di pixel sui toni delle alte luci o delle ombre. Valutiamo quindi la scena che abbiamo di fronte congiuntamente all’istogramma stesso per comprendere appieno le potenzialità di questo grafico.
L’istogramma corretto per le vostre foto
Arrivati a questo punto, probabilmente vi starete chiedendo qual è l’istogramma corretto, da poter “applicare” alle vostre foto: la risposta, semplicemente, è che tale istogramma non esiste!
Ogni singola foto, infatti, deve essere valutata a sè stante: prendere come riferimento un istogramma che ricopra l’intera gamma tonale possibile, ad esempio, potrebbe non essere adatto ad un’immagine ad alto contrasto, così come un istogramma pesantemente spostato verso sinistra, tipico di una immagine low-key, potrebbe indicare una forte sottoesposizione in un altro contesto.
In situazioni tipiche, cerchiamo quindi di ottenere il risultato da noi visualizzato per l’immagine cercata, utilizzando come conferma l’istogramma e cercando magari di sfruttare al massimo la gamma dinamica della nostra fotocamera, ossia ottenendo una distribuzione dei valori tonali su tutto l’asse orizzontale minimizzando o eliminando le zone bruciate o sottoesposte.
L’istogramma in postproduzione
Terminata la fase di scatto, l’istogramma resta comunque un valido alleato per la successiva postproduzione: vediamo ora come accedere ad esso all’interno dei software Adobe Photoshop CC e Adobe Lightroom (Classic e CC).
Visualizzare l’istogramma su Adobe Photoshop
Per visualizzare l’istogramma di una immagine su Photoshop CC, una volta aperta l’immagine, andate sul menu Finestra e fate clic su Istogramma. Il riquadro del grafico stesso si trova solitamente in alto a destra, congiuntamente al pannello Info, quando selezioniamo lo spazio di lavoro Fotografia, accessibile tramite il menu Finestra>Area di Lavoro>Fotografia.
Dal pannello potremo selezionare l’istogramma relativo ai canali congiunti RGB, ai singoli canali, ai colori, alla luminosità, così come potremo impostare opzioni avanzate e visualizzazioni più o meno compatte dal menu “ad hamburger” in alto a destra nel pannello.
Il grafico si aggiornerà dinamicamente in base alle elaborazioni che effettueremo sull’immagine relativa ad esso. All’interno di alcuni strumenti, inoltre, l’istogramma sarà visibile come riferimento per le modifiche da effettuare: ad esempio, nello strumento Curve l’istogramma è presente nello sfondo del pannello per impostare i punti della nostra curva.
Visualizzare l’istogramma su Adobe Lightroom
All’interno di Lightroom, l’istogramma per la foto selezionata è sempre visibile nel pannello di destra all’interno dei moduli Libreria e Sviluppo. Tale grafico presenta sia le singole componenti dei vari canali, sullo sfondo, sia la risultante di esse, in grigio e in primo piano.
Passando il cursore del mouse sopra di esso, possiamo notare come sia diviso in 5 zone, rispetto alle 3 da noi elencate: semplicemente, le zone più scure delle ombre e le zone più chiare delle luci sono rappresentate separatamente come Neri e Bianchi e contengono anche i valori del nero puro (0) e del bianco puro (255) rispettivamente [sempre relativamente ad un file a 8bit/canale].
L’istogramma di Lightroom, all’interno del pannello Sviluppo, è interattivo: possiamo cliccare su una delle zone di esso e trascinare il cursore per effettuare variazioni al corrispondente gruppo di valori tonali. Intervenire direttamente sull’istogramma in questo modo equivale a muovere gli slider Luci, Ombre, Bianchi, Neri del gruppo Base, nonchè lo slider Esposizione, relativo ai toni medi dell’immagine e rappresentante il terzo centrale dell’istogramma stesso. Noteremo che effettuare variazioni su una di queste zone ha comunque ripercussioni anche sulle altre.
Nei due angoli in alto del riquadro del grafico sono presenti due triangoli: essi ci indicano il clipping delle ombre e delle luci. Qualora non avessimo valori tonali di nero o bianco puro, i triangoli rimarranno di un colore grigio scuro, cambiando poi colore qualora le nostre modifiche sulla foto andassero a creare delle zone di clipping diventando grigio chiaro o del colore del canale in clipping. Facendo clic su questi triangoli, inoltre, diventeranno visibili le zone attualmente in clipping in sovrapposizione all’immagine stessa.
Le considerazioni espresse per Lightroom valgono anche per Adobe Camera Raw, plugin presente all’interno di Photoshop sia come pannello di sviluppo per file RAW, sia come filtro per qualsiasi tipo di immagine.
Istogramma dell’immagine RAW
Concludiamo l’articolo con una considerazione sull’istogramma relativo alle immagini non compresse, in formato RAW, in fase di scatto: il grafico mostrato sul corpo macchina prima dello scatto o in fase di revisione dello stesso, sempre tramite fotocamera, è in realtà un grafico relativo ad una immagine JPEG compressa, costituente l’anteprima del file RAW. Esso è quindi influenzato dalle impostazioni di sviluppo JPEG (contrasto, riduzione disturbo, nitidezza ecc) configurate sulla fotocamera e non risulterà identico all’istogramma del file grezzo vero e proprio che andrete a visualizzare nel vostro software di postproduzione.
Se siete soliti scattare in RAW e desiderate ottenere già sul corpo macchina un istogramma più fedele possibile a quello che visualizzerete in seguito, impostate i parametri di sviluppo dal corpo macchina ai più neutri possibili, per allinearvi al meglio al file grezzo.
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